Marvel IT presenta

 

G L I  I N C R E D I B I L I  X – M E N

 

 

# 22: SIBERIA - parte 3

 

(Questa storia sisvolge prima di X-Men 13)

 

 

 

 

Pietro H. P. L.Meroni – storia

rossointoccabile– supervisione Marvel It

Carlo Monni –supervisore capo

 

 

 

 

 

 

 

Questo racconto vi è offerto daM.T.L. - Mutant Transport and Logistics -

che vi da appuntamento a più tardi.

 

 

 

Capitolo 1.

 

Il camionista, persa mezzagiornata di viaggio, confermò la propria versione alla polizia e proseguì perla sua strada, giurando a se stesso che la prossima volta avrebbe tiratodritto. I poliziotti rimasero sul ciglio della camionabile, raccontandosistorie di addii al celibato a cui non avevano mai partecipato e aspettando ilmedico legale. Questi arrivò dopo pranzo, con un alito pesantissimo, ma ilgiornalista non se ne accorse perchè parlò con lui per telefono.

Nel pomeriggio il giornalistapassò all’obitorio a vedere i cadaveri. “Tre puttane in costume” gli avevanodetto, e c’erano poche cose meno lontane dal vero. Ma il quarto... buon Dio,che scherzo della natura! Mai visto niente di simile, e lì in Siberia sivedevano le cose peggiori del mondo, era risaputo.

Il giornalista insultò e minacciòfinché dalla redazione non promisero di mandargli qualcuno con una macchinafotografica. Dopo cena, il ragazzo che guidava il furgone delle consegne sceseall’obitorio, con la macchina digitale da mezzo megapixel che usava perfotografare la sua ragazza. Il guardiano notturno cercò di scucirgli qualcherublo, senza riuscirci. Gli indicò la sala frigorifera e sputò: «Sui tavoli».

Il fattorino si disse che avrebbedovuto farsi un paio di bicchieri di più e che avrebbe dovuto anche farsipagare di più, poi decise che prima iniziava, prima finiva. Entrò nella sala esui tavoli trovò soltanto quattro lenzuoli.

 

Nello stesso momento BorisEryomin tagliava la terribile città di Magadan come un coltello, guidando lapropria Toyota color fango chiaro con l’angoscia di un naufrago che si stringead un pezzo di legno. In fondo, aveva appena aiutato quattro cadaveri ascappare dall’obitorio.

Dal sedile posteriore loraggiungevano gli sciaquii e gli allappamenti di tre borsch che venivano divorati con una fame paurosa. Al suofianco un’altra figura stava silenziosa, forse appena uscita dal tronco di unalbero come sono solite fare le fate siberiane.

«Dovresti riposare. Mangiare,almeno».

«Hai detto che i carichi partonoprima dell’alba».

«E’ così».

«E allora non perdere tempo».

 

Boris Eryomin arrivò al depositodegli autoarticolati prima che il cielo si riaccendesse. Passò di fianco alrottame di un vecchissimo Tatra, issato sopra uno scivolo di cemento edivenuto, suo malgrado, il monumento dei camionisti siberiani. Nel cortileintavolò animate discussioni con alcuni conoscenti. Un carrello elevatorespostò tre grosse casse, che vennero svuotate del materiale elettronico checontenevano. Sacha Lichodeev, un vecchio camionista che si vantava di averfatto “più strada delle sonde Venera”,si grattò la nuca e aprì il cassone del proprio mezzo.

Boris Eryomin tornò verso la suamacchina. Dentro c’erano di nuovo tre corpi. Il quarto, vivo o morto che fosse,era scomparso.

 

 

 

Capitolo 2.

 

Come tutti i siberiani, ValerijVassirionovich Kuznecov sapeva benissimo che ogni viaggio, l’idea stessa diviaggio, è fondamentalmente inutile.

L’uomo è troppo piccolo, ledistanze immense e in ogni caso non cambia mai nulla. I civilizzati, quelli chevivono nelle grandi città, anche nella terribile città di Magadan, si illudono,con le loro automobili, i loro aerei e le loro vacanze. La Siberia dimostracome l’uomo sia prigioniero di questa terra: se lasciato ai propri poverimezzi, non è in grado di affrancarsi da essa.

Per questo, anche nella suamacchina il concetto di viaggio era alieno.

«Ma è una macchina del tempo!»aveva esclamato la donna.

«Sì, ma non è fatta per viaggiarvi» le aveva risposto.

La donna non aveva più potutoreplicare, perchè l’aveva immersa nel flusso di monitorazione.

Ecco perchè aveva bisogno di lei.L’unica parte della sua macchina che necessitava di circuiti elettronici– i camion, pigri, si alternavano nella galleria con le ultime consegne -e... di una mente.

Aveva fatto ricerche. Solo unuomo, a quanto era emerso, era riuscito a compiere un’impresa come quella dicui necessitava. Reed Richards, anni addietro, aveva monitorato in tempo reale,facendo tutti i calcoli a mente, la totale ricostruzione molecolare di unaragazzina, una certa Katherine Pryde. Victor von Doom, signore di Latveria, presente al fatto, avevadichiarato di non esserne in grado.

Certo, appropriarsi di MisterFantastic (così lo chiamavano quei decadenti degli americani) era semplicementeimpossibile. Ma aveva trovato una valida sostituta. Non si trattava dimonitorare un processo di crescita, ma un flusso temporale.

 

Il suo primo cliente non avevanome.

A quanto aveva intuito, potevaessere considerato, forse, il vero capo della Triade. Aveva più di 70 anni e ilsuo unico desiderio, che tutto il suo potere non era in grado di realizzare,era di tornare ad avere il vigore di un ventenne.

E poi l’americano, il petroliere,che voleva far regredire il suo cancro ai polmoni in fase terminale.

E il principe arabo, che lottavaper allontanare la morte e non lasciare il proprio piccolo regno aquell’imbecille del suo primogenito.

Anche i grandi, i potenti, hannoproblemi. Di più: hanno problemi senza risoluzione, perchè i soldi nel lorocaso sono inutili. Ma a questo, adesso, avrebbe saputo rispondere lui. Insegreto, senza che il mondo comune, degli schiavi e dei condannati, lo fossemai venuto a sapere.

 

 

 

 

Capitolo 3.

 

Attraverso occhi a mandorla, laragazza guardava il mondo precipitare.

Una morbida peluria blu lesolleticava le guance, un casco di capelli d’argento nevoso sembrava volerlesfuggire via dalla testa mentre si tuffava dagli strati più rarefattidell’atmosfera.

Stava precipitando sul mondo, oforse era il mondo che stava scorrendo all’insù, fuggendo verso qualcosa dimeglio, lasciandola indietro. La sua naturale invulnerabilità la proteggeva daltremendo calore sviluppato dall’attrito.

La ragazza chiocciava alla vocebambina che le risuonava nella testa, ma non riusciva a non vedere un qualcosadi profondo e buio che le stava dietro. Sfiorava con cautela la voce di Ororo,che non riusciva a nasconderle la sua irritazione. Hai attaccato a testa bassa,e hai visto il risultato. Non sarebbe andata meglio in ogni caso, diceva lavoce di Kurt. Per questo adesso utilizzeremo una strategia diversa, rispondevaTempesta. Ci deve essere qualcosa nei cuori mutanti, che li fa riprendere a battere...Ostinazione? In quanto ad eventuali danni cerebrali, ormai peggio di così...Non sei spiritosa, Rogue. No, non lo sono. Ma sonobellissimaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!

 

Di quasi tutte le fotomodelle sidice che sono meteore. Ben poche però sanno superare la barriera del suono.Ancora meno sarebbero state in grado di prendere a pugni l’intera Siberia, cheè esattamente quello che la ragazza fece.

 

 

 

 

Capitolo 4.

 

La Siberia rispose al pugno dellaragazza con il rumore di un soufflè che si sgonfia, fatte le debiteproporzioni.

A Valerij Vassirionovich Kuznecovnon sembrò per niente il rumore di un soufflè che si sgonfia, anche perchè nonaveva mai visto un soufflè in vita sua. Udì il boato e per la prima volta damolti anni provò un senso di sorpresa: era difficile che non avvertisse inanticipo un tuono, un vulcano che si risveglia o qualsiasi altra cosa cheferiva la terra.

Ma quella era la ferita infertada una ragazza, e si sa come vanno queste cose.

La volta della galleria, lavecchia miniera in cui aveva trovato il nodo energetico per costruire la suamacchina, iniziò a crollare.

 

In quanto alla donna, non siaccorse di nulla. Era immersa in un grafico del mondo tradotto in quaternioni. I quaternioni sono numeri reali vettoriali a quattrodimensioni. Sono stati introdotti da WilliamRowan Hamilton nel 1843. E’ l’unico tipo di numeri che può rappresentare inmaniera decente il tempo.

Quando le fu tolto il cascocyber, fu come se la strappassero da un sogno e per un istante non poté nonriconoscere che le dispiaceva abbandonare quel mondo di numeri.

In meno di un istante il suocervello ricostruì la realtà oggettiva intorno a lei. Le stava di fronte OroroMunroe, alias Tempesta. Il fatto che fosse ancora viva e che fosse tornata noncostituivano sorprese. La grande cassa di materiale elettrico aperta alle suespalle rivelava il trucco che aveva utilizzato per entrare. Altre due cassesuggerivano la possibilità quasi certa che due X-Men fossero nascosti al lorointerno.

Ed ecco quello che le due donne sidissero:

 

«Comehai accidenti hai fatto, tu, achiuderti in una cassa?!?».

«Mi ègià successo1. E sarà meglio che tuvalga tutto questo!».

«Beldiversivo».

«Già.Cos’è ‘sto affare?».

«Unamacchina per vendere il tempo».

«Cheidea!».

«Unprogetto splendido, mai vista una cosa...».

«Potraimettertelo in salotto, dopo. Rogue non lo tratterrà ancora a lungo».

«Rogue!?».

Laconversazione ebbe termine qui, perchè Valerij Vassirionovich Kuznecovscagliò la ragazza che aveva preso a pugni la Siberiaproprio addosso a loro. 

 

 

 

 

Capitolo 5.

 

Kurt Wagner uscì dalla sua cassasenza bisogno di aprirla.

Come gli veniva istintivo fare,si teleportò in alto, verso il soffitto, e poco mancò che si materializzassesulla traiettoria di un masso che cadeva.

Il danno strutturale alla voltadella galleria sembrava senza rimedio, il che era prevedibile conoscendo Rogue.Però, dopo che si fu aperta un’ampia voragine da cui occhieggiava il cielo, ilcrollo si arrestò. “Gli manca l’ultima spallata, ma di sicuro non sarò io a dargliela!”pensò.

Kurt Wagner vide Rogue mettere asegno un pugno su Valerij Vassirionovich Kuznecov, ma questi la afferrò per ilbavero della tuta e la spedì addosso a Tempesta e Tessa, mettendo fuoricombattimento tutte e tre.

Sapeva cosa lo aspettava e sapevaanche che era inutile, ma avrebbe tentato lo stesso. Ma proprio mentre stavaper teleportarsi, notò un’ombra velocissima che assaliva Valerij VassirionovichKuznecov alle spalle. Era Psylocke.

 

Come tutti i bambini, laguerriera bambina era guidata da un’urgenza che non sapeva nè riconoscere nèspiegare. Sapeva solo, glielo dicevano i suoi istinti, che non doveva farsiafferrare. Cercò di sfruttare il peso del proprio avversario – era grossocome un orso! – colpendolo alle ginocchia, per farlo cadere. Ci riuscìsolo quando Nightcrawler, apparendo all’improvviso, colpì l’orso in pieno viso.Kurt disse qualcosa di troppo complicato sul colpirli in alto e in basso, a cuinon prestò attenzione. Valerij Vassirionovich Kuznecov cadde, e scivolò proprionel mezzo della strana cosa che stava in mezzo alla caverna. La strana cosainiziò a brillare. La guerriera bambina non ci pensò un attimo e saltò anchelei, scagliandosi addosso all’orso.

 

Kurt Wagner urlò:«Betsyyyyyy!!!!!!!» e stava già per teleportarsi e strapparla via dalla lotta,ma ricevette... non una parola, ma qualcosa a metà strada fra lo schiaffo e ilconsiglio. Una telepatia elementare. “Sì, devo pensare a loro! Sì” si disse, esi materializzò vicino alle tre donne svenute.

 

Rogue ovviamente si riprese perprima.

«Che accidenti... come stiamoandando, elfo?».

«Catenaccio, direi. Betsy lo stamassacrando, ma... guarda!!!».

Psylocke e Valerij VassirionovichKuznecov combattevano all’interno della macchina chenon era una macchina. Era come una palude, come una formazione rocciosa, comeun banco di nebbia.

“Lagrande macchina senza meccanismi”: è unafrase del film “Il Pianeta Proibito” di Fred McLeod Wilcox, che a sua volta èuna rilettura della “Tempesta” di William Shakespeare. Nella mente della donnafluivano appunti, disegni e progetti delle altre macchine simili a quella, cheaveva studiato nei suoi lunghi anni al Club Infernale. La prima macchina diVictor Von Doom, cruda e rozza come ogni cosa prodotta dal Signore di Latveria.La Sfinge: la macchina di Rama-Tut, ovvero di Kang. Il congegno di Immortus,costruito dai Vendicatori quando questi fu partorito da Carol Danvers, e di cuiesistevano soltanto appunti segretissimi presi da Tony Stark.

Poi ladonna cancellò la meraviglia dalla sua mente. La macchina era in funzione. Lamacchina stava funzionando. In realtàfunzionava sempre, non aveva interruttori. Reagiva con un campo elettrico cheveniva immerso al suo interno. E adesso i campi elettrici erano due...

Sapevacosa fare.

 

 

 

 

Capitolo 6.

 

La forma di comunicazione piùefficace è quella numerica.

Fattuale, concreta, spoglia diogni inquinata “intepretazione”. Ogni cosa può essere tradotta in numeri. Ilproblema semmai sta nel traduttore. Anche i numeri, però, come ogni linguaggio,hanno dei difetti. Per esempio: più è semplice il sistema, maggiore è il numerodi informazioni. Si può tradurre tutto in codice binario, ma si ottengonoanni-luce di uno e zero. I numeri decimali sono più complessi, ma la quantitàdi informazioni diminuisce.

 

Il problemaè sempre la traduzione: l’informazione deve arrivare alla persona, ma lapersona per apprenderla deve... deve cosa? Relazionarsi con essa? Capirla? Capire vuol dire intepretare... Per lepersone normali.

Ma ladonna non era una persona normale. Era forse l’unico cervello al mondo cheapprendeva in modo totalmente obiettivo. La sua mente riusciva ad esserescritta come un cd vergine, l’informazione cadeva come pioggia e non evaporava,cadeva come un sasso e non si spostava più. La mente umana è fondamentalmenteanaloga, si evolve per confronti e rimescola continuamente il passato.L’informazione è una foglia al vento, legata all’esperienza e su tutto regnanole modalità del piacere o del dolore, che con le informazioni in realtà nonhanno nulla a che fare.

Lamente della donna era una tavoletta di diamante. Un impossibile ago vi incidevale informazioni, e quelle restavano tali. Pure, incorruttibili. Era questo chela rendeva preziosa.

 

All’internodel casco cyber il mondo si traduceva di nuovo in numeri, in quaternioni.

Le eradifficile ricordare che c’era un altro mondo, all’esterno. Ma doveva.

«Tempesta!».

«Chec’è?».

«Duecampi elettrici, due forme di vita... in un meccanismo geodetico calibrato peruna persona sola... rischiamo di perderli entrambi, o di farli fondere!».

«Kurt,valla a...».

«Troppotardi. Non ne uscirebbe nemmeno lui».

«Eallora?».

«Possiamopotenziare la matrice. Darle più energia».

«Ecome?» chiese Kurt Wagner.

«Nonfare domande idiote, X-Man2».

 

 

 

 

Capitolo 7.

 

Perprima cosa si guardò le mani.

Eracome se fosse uscita dal primo bagno, da quell’insieme di acqua, luce,elettricità che deve essere la nascita, la nascita vera, quella in cui unindividuo diventa se stesso e non può essere nessun altro.

 

Tempestaera accasciata a terra, Rogue la sorreggeva. Kurt stava di fianco a Tessa.

Riconoscevatutti. Ricordava i fulmini, fulmini che si riversavano su di lei come acqua, mache nemmeno la sfioravano. Venivano assorbiti dalla macchina, dalla pietra,dalla terra, e lei lottava… Lottava con chi? Non riusciva a riconoscerlo… Unafigura indistinta, fatta di luce liquida, che sempre più si era rarefatta,allontanata, fino a scomparire…

Lamacchina brillava ancora, dissipava energia residua accompagnando con la lucela figura solitaria, che si apriva al suo interno come la corolla di un fiore,come un giorno che nasce.

 

Perprima cosa si guardò le mani.  

Era unvolto noto: era un volto che aveva trionfato sulle copertine di decine diriviste; un volto che aveva accompagnato slogan, headlines, mostre del Cinema,rossetti, vestiti costosi come case; un volto in cui molti avevano trovato labellezza; un volto a cui avevano strappato le luci. Era il volto di ElizabethBraddock.

Siguardò le mani, di nuovo pallide, del colore d’Albione. E tutto quello chedisse fu: «Ancora?».

 

«E cosaè successo all’altro, a Kuznecov?».

«Il suotempo soggettivo era molto ampio. Per questo ho avuto bisogno di tuttaquell’energia».

«Cosavorresti dire?».

«Riavvolgereil nastro prima di restituirlo. È sufficientemente semplice per te, KurtWagner?».

«Lohai…».

«Puramateria. Quello che siamo prima di nascere. Atomi, non molecole».

«Conquale diritto hai preso questa decisione da sola, Tessa?».

«Tessanon c’è più. Io sono Sage. E decido sempre per il meglio».

 

 

 

Epilogo, 1.

 

 

NON C’È LIMITE ALLADEPRAVAZIONE DI QUESTA REGIONE?

Questa redazione dispone diprove consistenti che testimoniano il ripetuto svolgersi di orge selvagge,coinvolgenti prostitute straniere e minorati fisici. E spesso ci scappa ilmorto, che viene abbandonato nella tajga senza tante cerimonie. Non hannodunque alcun ritegno, morale o sociale, i nuovi signori della nostra terra?

Quella sera, Boris Eryomin spiegazzò la copia della Trudovaya Pravda,concedendosi una risata.

«Ilminorato fisico devi essere tu, elfo!».

«Moltodivertente, Rogue!».

«Nonvorrei turbare il vostro divertimento, ma è ora di tornare a casa!».

«Staibene, Ororo? Sembri stanca…».

«Neparleremo appena a casa».

«Qualecasa, Tempesta?».

«Ognunodi noi ne ha almeno una, Sage!».

«Westchester?».

«Nonnecessariamente. Il mondo è nostro. Abbiamo deciso di essere X-Men senzarinunciare alle nostre vite, alle nostre inclinazioni, ai nostri sogni. L’unicacosa di cui abbiamo bisogno, è di essere sicuri di osservare il mondo senza chenulla ci sfugga».

«E quientro in scena io, vero?».

«Questosarà il tuo compito!».

«Io, unX-Man?».

 

 

 

Epilogo, 2

 

È notte fonda a Westchester, NewYork.

La Scuola per Giovani Dotati delProfessor Xavier riposa nella notte. Davanti al cancello d’entrata, ovviamentechiuso.

«Mi spiace, signora, ma non possoteleportarla all’interno se non è in grado di dimostrarmi di essere laproprietaria della casa!».

«Lo so. Conosco alla perfezioneil regolamento della M. T. L. Non si preoccupi».

«Scusi se mi permetto, ma è unbel po’ di artiglieria quella che ha addosso...».

«Tutte imitazioni. Sa, una festain costume...».

«Lì dentro? Non mi sembra ilposto da festa in costume».

«Al contrario, stasera sonoattesi dei personaggi molto bizzarri!».

«A me sembra tutto spento!».

«È per un maggiore effettosorpresa».

«Io non vado mai alle feste incostume. Di solito sono una noia micidiale!».

«Credo che invece in questa cisarà parecchio movimento!».

 

 

 

 

 

E con questo finalmente raggiungiamo il finale di X-Men16, subito prima che Ciclope e gli X-Men tornino da Genosha e trovino ilsalotto buono un poco in disordine… La lotta di Sage contro Factor-X è talmentesanguinaria che preferisco farvela immaginare (o se vorrà raccontarla Fabrizio,un giorno...). Dal prossimo episodio inizia la saga della maternità diTempesta, in cui sarò affiancato da un guest-writer che non indovinereste mai!

 

 

 



1 In realtàera una bara: un pensiero carino del conte Dracula su Uncanny X-Men annual7.

 

2 Un No-Prizea chi ricorda questa citazione! Aiutino: anche nell’originale era rivolta aNightcrawler...